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Cronache di Poesia del Novecento

Cronache di Poesia del Novecento di Maurizio Cucchi (Gaffi Editore, 2011).
Testimonianza letteraria, documentazione cronachistica, il libro di Maurizio Cucchi si offre ai lettori  come  vero e proprio documento. Il libro si divide in più parti: nella prima il lettore si trova a sfogliare una raccolta di riflessioni letterarie costituite da saggi che vanno dal 1974 fino al 1990;  nella seconda,  denominata Schede, sono presenti gli scritti elaborati tra il 1984 e il 2004; la terza contiene le riflessioni sul rapporto tra Poesia e Società, elaborate negli anni tra il 1971 e il 1991. Troviamo inoltre, nella parte successiva, le recensioni ai libri di poesia che vanno dall’anno 1975 al 2005. L’ultima parte infine, intitolata Identikit,  comprende le riflessioni critiche sulle scelte e i caratteri  poetici di vari autori, tra cui Pasolini.
Quello presentato è un excursus all’interno della poesia degli ultimi 70 anni, che vede il passaggio dall’assenza della libertà del testo, a vantaggio della ’presenza vigile, oltre che un po’ dispotica, della ragione’  (tipica degli anni ’60) all’ossessiva fiducia nelle ‘possibilità liberatorie’ della Poesia, durante gli anni ’70.
Gli autori da Cucchi selezionati non sono quelli esclusivamente celebrati dalla tradizione letteraria novecentesca, accanto ai poeti illustri, dove sfilano i nomi altisonanti di Raboni, Sereni, Saba, Ungaretti, Caproni, Luzi, Zanzotto, Porta e altri, troviamo quelli di poeti riesumati, recuperati dalla fuliggine che li ha a lungo tenuti celati nell’ombra.
E’ così la volta di poeti come Vitale, con La forma innocente, Scotellaro, con la sua ‘frettolosa e del tutto insufficiente etichetta di poeta neorealista”, autore di quel testo, che al di là degli intenti di natura documentaristica, è gremito di descrizioni di poesia quasi bucolica, e che è intitolato Contadini del Sud.
Il ritratto che Cucchi fa dei poeti del Novecento lascia spazio a congetture complesse che, partendo dai parametri  di natura  prettamente poetica, sfociano poi nelle profonde acque dell’Io e delle sue contraddizioni. Lì dove ci si aspetta la descrizione lineare e schiva di un poeta e della sua opera, si trovano invece tratti acuminati che danno vita a lineamenti interiori  contorti.
La Poesia è un Linguaggio e come tale non conosce emulazioni o sinestesie che approdino nei linguaggi a lei distanti e se la musica è Arte, sostiene con convinzione Cucchi, il testo delle canzoni dei cantautori contemporanei italiani è solo lingua scritta, magari piacevole, anche se non poetica.
Concitata è la sua riflessione sul ruolo della Poesia nella società odierna, un’epoca dove tutto è trasmesso sottoforma di spettacolo, mediante canali più o meno immediati.
Al poeta, tuttavia, resta ancora la libertà, fortunatamente, di poter rifiutare un coercitivo adattamento finalizzato all’ampliamento di significazione dei suoi messaggi, dei suoi testi.
A questa immediatezza, di natura sterilmente ludica, Cucchi sostituisce l’esigenza di un’educazione che, a più livelli, porti i giovani ad un accostamento naturale ad una poesia  che sempre più si rivela figlia di una consapevolezza primordiale: l’assenza nell’uomo di Comunicazione autentica; consapevolezza che può mostrare solo caratteri universali, che superano la rigida e ottusa schematizzazione,  di stampo puramente accademico, che vuole necessariamente circoscrivere le Poesia a mere, e sempre più obsolete, etichette convenzionali.

Sabina Corsaro