Intervista a Vincenzo Sparagna
Vincenzo Sparagna è il Direttore Responsabile di Frigidaire. E’ stato altresì Fondatore di importanti iniziative editoriali ed artistiche accanto a Andrea Pazienza, Stefano Tamburini e Filippo Scòzzari. E’ anche ideatore della Repubblica di Frigolandia nata come “libera unione di uomini, donne, bambini, animali, piante e minerali fondata sulla fantasia”. I cui i principi costitutivi sono rappresentati da: ” la pacifica e solidale convivenza umana, il rispetto per la terra e per ogni essere vivente, il rifiuto di qualunque tipo di intolleranza culturale, sociale, etnica o religiosa“.
Quando nasce l’amore per il disegno? Quale potere gli affidava (e gli affida oggi)?
Ho sempre disegnato fin da piccolissimo, diciamo dai tre anni in poi. Certamente questa passione è nata guardando un grandissimo artista, ovvero mio padre Cristoforo Sparagna, dipingere e disegnare. Per me disegnare era da bambino e resta da adulto un’avventura, un modo per reinventare persone, mondi e oggetti. Da ragazzo disegnavo soprattutto cavalieri, battaglie e ritratti (soprattutto di mio padre, dei parenti e dei compagni di scuola). Poi nel periodo del ginnasio ho sviluppato, seguendo l’istinto e il gusto, una mia grafia che sono andato approfondendo fino a trasformarla in uno stile. Ho disegnato in quel periodo interi quaderni, centinaia di ritratti e fatto le mie prime composizioni fantastiche. Direi che il periodo della mia completa maturazione è stato al liceo, quando è avvenuta anche la piena scoperta della grande letteratura russa, francese, tedesca ecc. e quando ho fatto la mia prima mostra nella Sala dei Baroni del Maschio Angioino di Napoli. I miei autori di riferimento, scoperti per affinità sono stati Peter Brueghel il vecchio, Hyeronimous Bosch, George Grosz e Ben Shan, ma anche Picasso, Durer e Mantegna. Il potere del disegno credo sia quello di dar vita a espressioni, figure, idee, modificando il nostro gusto per la visione delle cose. Ma il disegno è anche uno strumento di racconto del mondo che ci sta intorno. Un racconto che per me è stato soprattutto studio dei volti, degli sguardi, delle profondità pittoriche del bianco e nero.
Lei attribuisce all’arte una natura inevitabilmente sovversiva: anche ‘sociale’? L’art pour l’art, contestata da Sartre, non può quindi esistere?
L’arte in un certo senso è sempre “per l’arte”, poiché vi è un dialogo stilistico e di gusto silenzioso tra noi e chi ci ha preceduto in questo spazio dell’immaginario, in questo modo di raccontare il mondo. Tuttavia l’arte vera non è mai solo “per l’arte”. Io credo che sia anche sempre un messaggio, un intervento, un grido o un sorriso. Chi non ha nulla da dire non fa nemmeno arte, semplicemente si limita a fingere. Altra cosa è in cosa consista il “messaggio”. Non è certamente una “tesi”, è piuttosto un’allusione, un segno, una rivelazione indiretta, sovversiva per la sua lucidità, che è il contrario dell’opacità che, non solo oggi, ma da sempre, è un tratto caratteristico di ogni potere. Forse il paragone più semplice della figurazione è comunque con la musica, che non formula concetti, eppure comunica sentimenti e forme, fino ad essere uno dei modi di raccontare la propria vita e il proprio tempo, o le sensazioni sul futuro. L’artista, come sosteneva anche mio padre, che era un uomo antico, è sempre anche un vate.
Le lotte sociali possono essere condotte con la matita?
Detta così sembra un’enormità, ma certo le lotte sociali non possono essere condotte senza matita. Nel senso che ogni progetto, ogni pensiero, ogni protesta è anche la sua forma. Dividere la rivoluzione dal modo in cui ha coscienza di sé, anche coscienza formale di sé, è impossibile.
In un’intervista di un paio di anni fa lei affermava: “la nostra satira non cinica, tende a ritrovare la gioia, il riso inestinguibile degli dei che possono anche ridere di se stessi”. In Italia la libertà della satira è preservata?
In Italia poche libertà sono “preservate”, bisogna saperle riconquistare ogni volta e la lotta per essere liberi non ha mai una conclusione stabile. Si fanno certo conquiste di libertà, ma subito dopo bisogna lottare per conservarle. Così è anche per la satira, che non deve farsi ridurre a comicità per i potenti, non deve trasformarsi in buffoneria gratuita, ma essere una lama tagliente, che toglie la scorza dura al frutto della vita per far gustare a tutti la sua dolcezza.
La storia del fumetto in Italia: l’esperienza di Frigidaire come innovazione e scommessa. Ce ne parla?
Frigidaire è un progetto nato in una certa stagione personale e sociale (tra il ’77 e l’80), ma non è mai stato pensato da me come un “progetto stagionale”. E’ stato invece il tentativo di trovare unità a linguaggi diversi, una specie di teatro stampato, o di cinema senza pellicola. Per questo la rivista, partita dalle intuizioni formali dei movimenti giovanili ribelli degli anni ’70, ha inseguito da subito un’idea di comunicazione totale, cercando di praticare ogni linguaggio, la satira come la tragedia, la pittura come la musica, il fumetto come la fotografia, la narrativa come la cronaca, la filosofia come l’azione diretta. A volte l’ho definita addirittura una rivista d’azione, perché, come diceva (in un altro contesto) Marx, “non basta spiegare il mondo, bisogna trasformarlo”.
Cosa ricorda di Andrea Pazienza? Che segno ha lasciato nella sua rivista e nella sua vita?
Andrea è stato (con mio padre che era anch’egli un artista e poeta assoluto) l’autore con cui ho condiviso più profondamente l’idea della bellezza artistica, che è allo stesso tempo atto gratuito e messaggio, sorpresa e gioco, amore e sfida. Di lui ricordo il genio naturale, il sorriso felice, la semplicità dell’invenzione, che è prima di tutto un atto di verità verso la nostra anima. Infatti la vera arte è un falso trucco, poiché è certamente un trucco, ma un trucco necessario, una furbizia onesta. Sappiamo che le nostre idee, le nostre forme vengono da lontano, dall’epoca delle caverne volendo, ed è per questo che i grandi artisti, come il mio amico Andrea, sono sempre umili, capaci di continuare a stupirsi e imparare da ciascuno e da ogni cosa. Ma sono anche sicuri di sé, poiché hanno coscienza della loro onestà spirituale. Essi si compiacciono del successo certo, ma non lo cercano mai per nevrosi, gli capita perché così deve essere. Ma allo stesso modo sono capaci di sopportare anche il rifiuto, perché dal fondo della loro onestà spirituale si addolorano per la cecità umana, ma perdonano coloro che non sanno quello che fanno. Il segno di Andrea nella rivista (e nella mia vita) è stato indelebile. Senza di lui Frigidaire non avrebbe mai potuto diventare quello che è diventato negli anni, ovvero il tentativo concreto di inventare e far vincere un nuovo rinascimento. E senza di lui non avrei neppure mai inventato l’Arte Maivista, la nostra più beffarda, bella e profonda idea, semplice e fulminante come una composizione di Mozart.
Da giugno 2010 Frigidaire è di nuovo in edicola come mensile autonomo. Chi sono stati i suoi concreti sostenitori? Da un punto di vista morale, psicologico, economico etc.
L’elenco di coloro che hanno aiutato Frigidaire dal 2004 al 2010, anni certamente difficili, è lungo: giovani scrittori, disegnatori, musicisti, amici di vecchia data, artisti già maturi ed altri allo stato nascente. Direi che tutti coloro che hanno creduto nel progetto Frigolandia hanno dato il loro contributo, più o meno grande alla nostra ripresa. Potrei fare tanti nomi, ma sarebbe ingiusto verso tanti altri. Certo i sostegni in denaro sono stati scarsissimi, a parte le quote associative della Repubblica di Frigolandia (il nostro Passaporto) e gli abbonamenti che stiamo raccogliendo per il nuovo giornale. Dunque non ci sono stati né finanziatori veri e propri, né aiuti istituzionali di alcun genere. Un ruolo importante l’ha avuto comunque a un certo punto il gruppo dirigente di Rifondazione Comunista (in particolare il mio vecchio amico e compagno napoletano Giovanni Russo Spena) che ha favorito il nostro accordo con Liberazione, grazie al quale siamo tornati in edicola già dal 25 aprile 2009, anche se solo per un giorno al mese con un piccolo inserto autonomo dentro il quotidiano. Con Liberazione c’è stato un rapporto davvero “fraterno”, che ci ha permesso di conservare intatta la nostra autonomia ed infine tornare in edicola in modo indipendente. Mi auguro che un simile rapporto di collaborazione si possa stabilire anche con altri giornali democratici e di sinistra.
Qual è, secondo lei, lo stato attuale della Cultura in Italia?
E’una questione così complessa che non posso rispondere in breve. Mi limiterò a dire che quello che manca è una vera autonomia degli intellettuali, quasi sempre catturati nella rete dei particolarismi, delle carriere, degli interessi privati. Insomma anche la cultura è avvelenata dall’individualismo e questo è un limite molto grande per chi, come noi, pensa che l’arte sia sovversiva o non sia affatto e che non si possano accettare le regole di una società sbagliata e ingiusta.
Il rischio dell’omologazione, da una parte; l’urgenza della conservazione, dall’altra: quante Frigolandia dovranno essere inventate per opporsi allo scempio culturale?
Più ce ne saranno e più rapidamente le cose cambieranno.
La solitudine dell’artista per lei è nociva se viene intesa come isolamento professionistico-professionale, mentre quella da coltivare è quella all’interno della quale può nascere la riflessione dell’anima. L’artista quindi scende in mezzo al popolo, mangia con lui, vive con lui, non necessariamente per lottare ma anche solo per capire, per narrare?. Funzione che lo stesso Pasolini dava all’intellettuale.
Sono assolutamente d’accordo con Pasolini su questo concetto popolare e popolano dell’intellettuale. D’altra parte lo stesso Pierpaolo sapeva bene che la cultura degli umili, il modo di pensare del popolo non è una sorgente pura, ma un fiume tumultuoso d’acqua inquinata, una discarica delle idee dominanti. Oggi questo inquinamento è assai più pronunciato che al tempo di Pasolini, poiché gli stessi intellettuali sono stati scavalcati da un sistema di comunicazione che mette in relazione diretta e unidirezionale il sovrano con i sudditi. L’ideologia dominante si insinua ovunque attraverso la TV, i media, la pubblicità, il sistema di valori contraffatti che promuove. Allora non basta avere l’umiltà di ascoltare, che pure è indispensabile, bisogna avere anche l’arroganza o il coraggio di nuotare controcorrente. E questo non può avvenire “in astratto”, vivendo al piano superiore della società. Per essere ascoltato l’intellettuale deve dare l’esempio, un po’ come i guerriglieri al tempo delle lotte contadine. O la sua vita è una prova, la dimostrazione pratica delle sue idee, oppure le sue idee sono dei trucchi da prestigiatore, delle illusioni retoriche che non conquistano nessuno. Per questo una volta ho detto che nel mondo moderno, così terribilmente egoista e prepotente, bisogna essere almeno santi, almeno eroi.
Lei ha dovuto affrontare molti ostacoli per portare avanti la libertà della creatività, di espressione. Oggi è stata risolta la questione giudiziaria legata a Frigolandia?
Il Comune di Giano dell’Umbria continua ad essere in guerra con noi, nel criminale tentativo di chiudere il nostro centro e soffocare quello che rappresenta. E’ un Comune di centrosinistra, guidato da un sindaco democratico, ma che non ha esitato per ragioni di carattere elettoralistico e probabilmente per interessi oscuri a guidare una campagna xenofoba e fascistoide contro di noi. Al momento lo sfratto che avevano tentato si è insabbiato nelle sue contraddizioni legali irrisolvibili (tutto è stato pagato, lo sfratto stesso non era legittimo, perché la concessione a noi è garantita da una fidejussione, infine nessuna notifica legale era stata fatta al nostro vero indirizzo). Il prossimo appuntamento è comunque fissato al 24 settembre 2010, quando ci sarà il dibattimento davanti al giudice sulle nostre obiezioni tecnico-giuridiche. E’ auspicabile che il Comune ci ripensi, ma dubito che lo farà. Comunque siamo pronti a resistere e abbiamo ogni legittimità per restare dove siamo, un luogo che è costato quattro anni di lavoro volontario di centinaia di persone e tanti soldi raccolti tra giovani e meno giovani sostenitori, tutti peraltro poveri o poverissimi.
Cosa vorrebbe poter esprimere Sparagna con le nuvolette del prossimo numero di Frigidaire?
Beh, molte cose, ma alla fine tutto si potrebbe riassumere nel seguente concetto: non arrendetevi! Infatti il nostro nemico è un sistema senza testa che taglia la testa a tutti e non fa prigionieri…
SC
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