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Proust : Du côté de chez Ruskin (II)

Nella presentazione che fa Jean Autret, autore del testo L’influence de Ruskin sur la vie, les idèes et l’oeuvre de Marcel Proust , quella che viene realizzata non è una biografia di Ruskin meccanicamente scandita. Autret, attingendo le informazioni dal testo critico di La Sizeranne, ci mette a conoscenza del fatto che Ruskin per una naturale predisposizione (se non congenita) divenne professore d’arte. Il critico francese accenna all’infanzia di Ruskin ponendo i riflettori sulla sua capacità di contemplazione della natura, attraverso la quale i suoi occhi (quelli del Ruskin bambino) percepirono sin da allora l’ideale della bellezza dietro le forme visibili presenti nella realtà. Se ci soffermiamo sull’aspetto dell’indole contemplativa di Ruskin ci viene molto più semplice comprendere la naturale curiosità di Proust per questo maestro, curiosità che lo induce ad una vera e propria lettura meditata di tutte le opere ruskiniane. Ma in che modo Proust venne a contatto con la figura di Ruskin? A tal proposito Jean Autret scrive: “Son professeur de lettres, Paul Desjardin, avait fondé l’Union pour l’Action morale dont le Bulletin, nous l’aavons vu, avait publié en traduction des extraits de Ruskin […] C’est qu’il y a de certain, c’est qu’en 1897 Proust s’intéressait déjà à Ruskin” (Autret, p. 16). Sembrerebbe difatti, secondo Autret, che Proust avesse già avuto modo di conoscere l’estetica ruskiniana avendo letto tempo prima I due articoli di J. – A. Milsand in Revue del Deux Mondes, riuniti poi in Esthétique anglaise nel 1864. Il critico francese inoltre aggiunge: “Une semaine après la mort de Ruskin, la Cronique des arts et de la curiosità public le premier article ruskinien de Proust”. Possiamo quindi renderci conto di come Ruskin fosse già conosciuto  in Francia antecedentemente alla fase della Recherche e delle due traduzioni proustiane. L’Esthétique anglaise rappresenta l’incunabolo nel quale confluirono saggi e articoli  d’importanti critici francesi (La Sizeranne, J. Milsand, e altri) che si concentrarono sulla figura dell’esteta inglese. Ma se gli altri critici vollero puntare l’attenzione sull’estetica formale di Ruskin, arrivando persino a rimproverargli un’evidente contaminazione della sua morale, l’aspetto della vasta cultura di Ruskin su cui si sofferma Proust è proprio quella dottrina morale che muove  tutta l’estetica ruskiniana.  Il testo a cui fare riferimento è sempre quello di Autret “Proust ne s’occupe pas de l’esthétique naturaliste de Ruskin ni de ses idèes de réformes dans le domaine de l’économie ou de la sociologie; quant à sa doctrine morale, il n’en a cure” (Autret, p. 27). Nella traduzione de La Bible d’Amiens Proust informa il lettore del suo lavoro di critico di John Ruskin e si preoccupa di tracciare il percorso di conoscenza necessario affinché la fisionomia morale dell’artista venga delineata in modo completo: “Leggere soltanto un libro di un autore è come vedere questo autore una sola volta” (Proust, La Bibbia d’Amiens, trad. Quasimodo, p.11). Da qui l’esigenza, secondo Proust, per il lettore di isolare i segni costanti, ripetitivi, presenti in più opere di un artista affinché possano essere considerati “segni essenziali del genio di uno scrittore”. Proust in quell’itinerario di conoscenza si sofferma sulla validità del concetto ruskiniano del Bello, consistente nel porre l’uomo in una posizione dalla quale “egli deve amare la Bellezza per se stessa, come qualcosa del reale che esiste al di fuori di lui” (Proust, p. 36). Quella che Proust sembra cogliere in Ruskin è la natura religiosa della Bellezza. E’ sempre ne La Bible d’Amiens che Proust ci descrive in modo dettagliato le linee fondamentali dell’estetica del maestro inglese e ci lascia cogliere un sentimento che si fonda sulla contraddizione ammirazione/reticenza. Quando Proust evidenzia in Ruskin un’intensa adorazione della Bellezza come atto continuo della sua vita, si preoccupa, nello stesso tempo, di sottolineare il significato pregnante che ha l’espressione ‘adoratore della Bellezza’. Proust non esita a puntare il dito contro la critica contemporanea che vede in un adoratore della Bellezza “un uomo che trascorrerebbe la sua vita nel godimento che dà la contemplazione voluttuosa dell’opera d’arte” (Continua…)

SC